L’estate scorsa abbiamo fatto un lungo viaggio di famiglia in automobile e i figli ventenni hanno lanciato l’idea di creare una dimensione di ascolto collettivo strappando i fratelli teenager all’ostinato isolamento delle cuffiette. E così, complici Spotify, YouTube e il Bluetooth, abbiamo tutti condiviso a turno alcuni dei nostri brani preferiti.
Mi hanno fatto cominciare per prima. Non tanto per un gesto di cavalleria, ma perché mi conoscono e sanno che tanto un Michael Bublé gli tocca sempre e quindi, meglio levarsi subito il pensiero e farlo trascinare rapidamente via da uno tsunami di rock duro o psichedelico che fomenta sempre anche il settore giovanissimi. Ma le sorprese vere sono arrivate quand’è stato il turno degli adolescenti. Quello strano oggetto che è la ‘trap italiana’ si è improvvisamente materializzato nell’abitacolo dell’auto, acquistando un’identità sonora. Niente male, abbiamo detto noi Boomer!
Così, quando siamo tornati in città, ho cominciato ad ascoltarli, questi trapper. Li ascolto quando vado al parco a camminare veloce (non corro, cammino veloce). E lo devo confessare: sono rimasta conquistata! Prima di quel famoso viaggio in macchina non ne sapevo davvero nulla. Avevo solo letto qualche polemica sull’‘artificialità’ delle basi elettroniche e sull’‘inadeguatezza’ dei testi, che per alcuni sono diseducativi. A me questi artisti sembrano poeti metropolitani del nostro tempo: scrivono di quello che vedono, lo cantano con il ritmo di oggi. Un ritmo unico. Pazzesca la creatività della loro scansione delle parole, incredibile il piacere che traggono dal distorcerle piegandole ai loro scopi, torturandole persino, per farle sembrare più vive. Più nuove.
Il più piccolo dei miei figli, quello che ha già una sua visione della musica da venire, mi ha fatto conoscere Tha Supreme. Di questo giovane autore mi piace in particolare 0ffline: quel “cuore di ice” mi fa sorridere tutte le volte e la ritmica ha tratti così vicini al jazz mischiato al funk che mi mette allegria e mi fa venire voglia di ballare, mentre cammino nel parco, senza pensare a chi c’è intorno a me e a come potrebbe giudicarmi.
È stato così che mi sono convinta che fosse necessario un esperimento: provare a far dialogare il mio background musicale e quello creato dai beat makers o producersindipendenti; per intenderci, quei giovanissimi musicisti che imparano ad usare i programmi elettronici di composizione in modo autonomo e spesso autodidatta per fornire le basi alla vocalità di trapper e rapper. Sono soggetti digitali che operano principalmente via internet e tramite social.
E’ così che è nato Skylark Remix di Angel (un producer romano quattordicenne). Io ho solo prestato la mia voce e una canzone speciale. Ma l’ambiente sonoro che le è stato costruito intorno è espressivo di un sentire contemporaneo. L’ho trovato pieno di energia. Mi fa pensare a campi di sperimentazione comuni.
Skylark Remix di Angel prende una strada da cui si intravede “a valley green with spring”, un luogo futuro dove si mescolano generi e generazioni. Eccolo…